Ospedale psichiatrico G. Antonini.
Più di 100 anni di storia. Migliaia di storie.
Una diversa dall’altra. L’internamento: l’unica soluzione per tutti. Paranoia, malinconia, traumi post-guerra, sofferenze amorose, fobie, epilessia, alcolismo, vivacità, idiozia, demenza, cretinismo, omosessualità, povertà: tutto ciò che la Società non era pronta a “capire” veniva riconosciuta “patologia” dalla psichiatria dell’epoca. Poco importavano le origini del problema. L’obiettivo: isolarlo e placarlo. Julius Wagner-Jauregg,, medico austriaco, cercò di eliminare i disturbi mentali inoculando ai malati il protozoo responsabile dell’insorgere della malaria. Nel 1927 gli fu assegnato il Premio Nobel per la medicina. Ugo Cerletti e Lucio Bini, neurologi italiani, provarono a placare il “mal d’anima” con l’Elettroschock. I pazienti erano coscienti. Niente anestesia. Nessun rilassante muscolare. Molte fratture ossee, specialmente alle vertebre. Manfred Sakel, neurologo e psichiatra austriaco, promotore del “coma insulinico” indotto. Si accorse che uno schizzofrenico, dopo il coma, presentava evidenti segni di tranquillità, anche se temporanei. Bastava continuare ad iniettare insulina, sei giorni su sette, per certificare il miglioramento del degente. Il processo di “spersonalizzazione” nei manicomi avveniva dal primo momento. All’ingresso nell’istituto il “malato” veniva privato dei propri oggetti e dei propri indumenti. Tutti uguali, tutti ugualmente malati, tutti soggetti alle stesse cure. I degenti venivano suddivisi in diverse categorie: sudici, tranquilli, semi-agitati, agitati e furiosi. La scarsa igiene e il sovraffollamento diventarono presto un grave problema. Una circolare a stampa, inviata il 10 agosto 1886 dal presidente della Provincia ai sindaci, recita: “… Il crescente numero dei ricoverati nel Manicomio di questa Provincia, e la assoluta deficienza di piazza disponibili, obbligano la scrivente a sospendere provvisoriamente l’accettazione di qualunque mentecatto …”. Nel 1932 Mombello ospitava 3790 persone. Si iniziò a parlare di dignità umana in relazione ai malati mentali solo nel 1978. La legge 180 impose la chiusura dei manicomi restituendo alla Società il concetto di “rispetto della vita”.